Intervista al presidente Aiget Michele Governatori a CH4

Date: 16 October 2014

I nodi irrisolti nel mercato


L’intervista a Michele Governatori, presidente Aiget

A maggio, all’indomani del riaccendersi della crisi ucraina, l’associazione ha lanciato un appello per “liberare il mercato” e aumentare la competizione. Quali sono i problemi che persistono e, soprattutto, cosa ne impedisce la soluzione?

Il mercato italiano dell’energia continua a fare passi in avanti verso la concorrenza, ma in una fase di contrazione come quella attuale sono forti anche i tentativi di protezione delle posizioni da parte degli operatori più integrati o con quote maggiori. Secondo noi alcuni degli aspetti più importanti da completare per attuare il disegno di liberalizzazione riguardano l’unbundling a livello retail, il livello di servizio in termini di misura e disalimentazione dei morosi da parte dei distributori, l’equità nei termini di pagamento e nelle garanzie da parte dei venditori al sistema a monte, la difesa della concorrenza a livello post contatore nei servizi di efficienza, il contenimento della concorrenza a nostro avviso impropria di alcune attività del Gse rispetto ai grossisti.

Lo stoccaggio gas resta un tema spinoso. A fine luglio l’Autorità ha pubblicato alcuni aggiornamenti in materia ma la questione è ancora aperta. Qual è la vostra posizione?

(Per questa risposta - restando mia tutta la responsabilità - ringrazio in particolare Fabio Guzzi che coordina il nostro gruppo di lavoro gas, nota dell’intervistato). Gli stoccaggi sono essenziali per il buon funzionamento del mercato gas. L’esperienza degli ultimi inverni dimostra che tutte le fonti di import hanno un rischio di interruzione mentre lo stoccaggio è la soluzione più rapida e sicura per rispondere ai fabbisogni del sistema. L’importante è che sia garantita una copertura dell’intera rete nazionale, per evitare scompensi nord-sud sulla rete di trasporto.
La regolazione dello stoccaggio è stata oggetto di numerose modifiche ma la nostra impressione è che l’Aeeg e l’Mse si siano limitati alla ricerca di una soluzione per arrivare in tranquillità alla fine dell’inverno successivo. Non siamo ancora arrivati alla definizione di un quadro regolatorio stabile per i prossimi anni che consenta a nuovi operatori di entrare nel settore per creare una vera liberalizzazione anche in questo mercato. Solo così gli operatori di stoccaggio saranno spinti a fornire ai trader nuovi prodotti per ottimizzare l’utilizzo del sistema e favorire lo sviluppo dell’intero mercato.

Un’ulteriore criticità che “appesantisce” il mercato (sia elettrico che gas) è dato dal conflitto coi distributori, come da voi più volte sottolineato. Qual è l’oggetto del contendere? E anche qui, perché non si riesce a risolvere questi problemi?

Credo e spero che non ci sia alcun conflitto. E in Aiget non crediamo che serva. Alcuni associati, del resto, fanno parte di gruppi integrati con la distribuzione e noi abbiamo interesse che il ruolo di tutti sia valorizzato sulla base delle performance utili. Infatti quello che serve, per rendere competitivo il mercato, è che i due ruoli - distributore e commercializzatore - non si sovrappongano e vengano svolti entrambi al meglio. Il distributore è responsabile di gran parte della qualità del servizio energetico, si pensi all’efficienza dell’attività di misura e di scambio informativo e alla tempestività delle disalimentazioni per morosità. Ed è fondamentale che operi in un contesto anche di regole che minimizzi i vantaggi dell’integrazione con operatori commerciali. Per esempio: senza un vero brand unbundling, di cui l’Autorità ora si sta occupando, è difficile che anche i piccoli consumatori possano raggiungere quel livello di consapevolezza del mercato energetico che li renderebbe volano attivo di concorrenza. E senza una separazione funzionale forte che annulli il vantaggio informativo dell’integrazione è difficile che un operatore commerciale “newcomer” possa dare al meglio il suo contributo all’economicità e personalizzazione della fornitura. Aiget preme perché le responsabilità e gli oneri all’interno della filiera si riequilibrino in funzione dei rispettivi ruoli. I venditori riscuotono e garantiscono il credito con le proprie risorse per tutta la filiera e sono il sostituto d’imposta, compiti che rivendichiamo ma i cui rischi e oneri vanno condivisi anche alla luce dell’esplosione della morosità. Per rispondere all’ultima parte della domanda: le cose miglioreranno, ne sono sicuro, anche grazie ad associazioni come la nostra che lanciano chiaramente i propri allarmi anche a rischio di violare lo stile “volemose bene” del nostro Paese. Sì: ci vogliamo bene. Proprio per questo ognuno deve far emergere le proprie posizioni con trasparenza e usando tutti i canali possibili, istituzionali e mediatici, e assumersene la responsabilità. 
 
Lo sviluppo delle smart grid apre una questione relativa ai nuovi servizi e ai soggetti che dovranno erogarli o proporli sul mercato. Nel vostro position paper sostenete che il rischio è che si perda “l’intelligenza” a causa di un cortocircuito con l’unbundling: perché?

Il termine smart grid è generico e allude a un sacco di cose, tra cui all’integrazione di modi nuovi (o a volte soltanto finalmente razionali) di gestire e monitorare le reti e di integrarle con la generazione diffusa e con sistemi per ottimizzare i consumi. Se questa integrazione diventa una gestione accentrata e troppo regolata (e sussidiata) di tutta l’”azione”, allora c’è da preoccuparsi, e da scommettere che quel che si perderà in concorrenza e trasparenza sarà più che sufficiente a rimangiarsi l’eventuale intelligenza delle soluzioni.

Restando in tema di unbundling, come giudica la recente delibera dell’Autorità in materia?

Se stiamo parlando del documento di consultazione 346, ritengo che sia molto importante. Un punto fondamentale è la (vera) separazione funzionale delle aziende integrate, separazione che nell’esperienza di chi lavora in questo settore spesso non c’è (si pensi anche solo a come grandi gruppi svolgono in modo accentrato a livello corporate l’attività - peraltro stralegittima - di lobby istituzionale). Altro punto decisivo, di cui parlavo anche sopra, è la separazione dei marchi delle aziende integrate, dove per ora la legge europea e italiana è semplicemente stata ignorata. Positiva anche la proposta di estendere alle aziende più piccole gli obblighi di unbundling da cui il decreto Letta del 2000 le esentava, anche se il processo di consolidamento della distribuzione, soprattutto nel gas, rende l’effetto di questa estensione meno decisivo.

Smart meter gas. Per l’elettrico l’Italia è una punta di diamante europea ma nel settore gas la strada sembra ancora lunga. Eppure si tratta di un passo che aprirebbe nuove opportunità commerciali importanti. Cosa manca?

Diciamo che nel comparto elettrico saremo punta di diamante quando i misuratori intelligenti saranno davvero interrogati spesso da tutti i distributori e saranno anche interrogabili in modo libero e facile dai clienti attraverso i propri fornitori. Per quanto riguarda il gas, sicuramente si aprirebbero opportunità per chi fornisce gli smart meter (e va benissimo). Ma sul fatto che convenga tele leggere qualunque utenza gas ammetto la mia ignoranza: credo che serva anzitutto uno studio costi-benefici. Io, a casa mia, mando col telefonino le mie letture al mio fornitore senza particolari fastidi. Ci starei a pagare una nuova voce di oneri per una telelettura purché i costi fossero molto bassi. Mi chiedo: i costi di un simile passaggio sono effettivamente molto bassi? O almeno sono molto alti i vantaggi restituibili al cliente di un monitoraggio efficace di tutte le utenze? Agnosticamente, dico che non lo so e che serve valutare. C’è però un’altra attività che riguarda i punti di riconsegna e che mi sembra cruciale per il funzionamento del mercato: la capacità dei distributori di interromperli in caso di morosità. Oggi, proprio nel gas, questa capacità è del tutto insufficiente. Forse questo è un investimento prioritario da fare (e correttamente remunerare) sulle reti, no?
 
La diversificazione delle fonti di approvvigionamento potrebbe portare un abbassamento del prezzo gas e maggiore sicurezza del mercato. Quali sono le opzioni? Il gas americano potrebbe rappresentare un elemento importante nell’equazione?

Intanto non mi pare si possa dire che il sistema gas italiano sia messo male in termini di diversificazione e di riserva di capacità, anche a causa del calo della domanda. Quando avremo anche il nuovo corridoio del gas azero credo che potremo dirci un Paese molto ben dotato in termini di infrastrutture (discorso diverso è quanto sia giusto che le infrastrutture “merchant” possano a causa della crisi diventare socializzate, così come che siano socializzati i costi dei contratti di approvvigionamento a lungo termine quando non convengono più).
Non credo che lo shale americano potrà avere grandi impatti sul prezzo europeo, visto che i costi di trasporto Lng dall’America potrebbero avvicinarsi a gran parte del differenziale attuale tra i due blocchi. Forse ne avrà di più sul prezzo (molto più alto) nel far east. È chiaro, però, che la disponibilità di gas economico nel lunghissimo termine dipende da decisioni di investimento dei prossimi anni, le quali dipendono a loro volta anche dai prezzi di questi anni. Questo rapporto tra segnali di breve e decisioni di lungo, del resto, fa parte del modo in cui i mercati funzionano.

Claudia De Amicis - CH4, 15-10-14

 

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